TIPI DI LICENZE INVESTIGATIVE: CIVILE E PENALE

A cura di Marco Lucidi

 

INTRODUZIONE

TUTTE LE LICENZE PREFETTIZIE SONO PERSONALI.

NON ESISTE LA LICENZA DELL’ISTITUTO, MA ESISTE IL TITOLARE DI LICENZA CHE METTE A DISPOSIZIONE TALE LICENZA IN UN DETERMINATO ISTITUTO.

Solo per indagini in ambito civile, con riferimento all’art.134 TULPS, è possibile delegare a dei collaboratori almeno gli aspetti operativi. Fermo restando che la responsabilità rimane del titolare della licenza.

In ambito penale la norma di riferimento, cioè l’art.327bis CPP, prevede che il titolare di licenza non possa delegare alcuna funzione. Non tutti i detentori di licenza

in ambito civile possono svolgere il penale, mentre è vero il viceversa, in quanto per operare in ambito penale bisogna aver dimostrato particolari capacità e qualità facilmente riscontrabili in ambito civile. È potere del Prefetto decidere in merito all’autorizzazione in campo penale.

INVESTIGAZIONI PRIVATE

INVESTIGAZIONI CIVILI – art.134 R.D. n. 773 del 18 giugno 1931 T.U.L.P.S. .

Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO:

R.D. n. 773 del 18 giugno 1931 T.U.L.P.S. (art. 134). Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
R.D. n. 635 del 6 maggio 1940 (artt. 257 e ss).
 Approvazione del regolamento per l’esecuzione del Testo Unico n. 773 del 18 giugno 1931 delle leggi di pubblica sicurezza.
D.P.R. 4-8-2008 n. 153.
 Regolamento recante modifiche al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in materia di guardie particolari, istituti di vigilanza e investigazione privata
D.M. 1-12-2010 n. 269
.Regolamento recante disciplina delle caratteristiche minime del progetto organizzativo e dei requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi di cui agli articoli 256-bis e 257-bis del Regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché dei requisiti professionali e di capacità tecnica richiesti per la direzione dei medesimi istituti e per lo svolgimento di incarichi organizzativi nell’ambito degli stessi istituti.
L. 30-10-2014 n. 161. Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis. Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 novembre 2014, n. 261, S.O.

LA LICENZA VIENE RILASCIATA DAL PREFETTO

Definizioni

Le caratteristiche organizzative ed i requisiti minimi di qualità degli istituti di investigazione privata e di quelli di informazioni commerciali, compresi quelli inerenti alle dotazioni minime essenziali richieste per lo svolgimento professionale dell’attività considerata sono quelli previsti dall’art. 1 del D.m. 269/2010, mentre i requisiti professionali e di capacità tecnica richiesti per la direzione dell’istituto e per lo svolgimento degli incarichi organizzativi, sono riportati negli allegati G e H dello stesso decreto. Le caratteristiche ed i requisiti sono rapportati alle tipologie di attività che si intendono svolgere e per le quali la licenza è richiesta, sulla base delle seguenti classificazioni:

  1. a)  investigatore privato titolare di istituto;
  2. b)  informatore commerciale titolare di istituto;
  3. c)  investigatore autorizzato dipendente;
  4. d)  informatore autorizzato dipendente.

La licenza  rilasciata dal Prefetto della provincia in cui il titolare ha eletto la sede principale dell’attività, autorizza il titolare ad operare su tutto il territorio nazionale. L’eventuale attivazione di sedi secondarie dovrà essere notificata al Prefetto che ha rilasciato la licenza secondo quanto previsto dall’art. 257-ter del Regolamento T.u.l.p.s. L’attività d’indagine, esercitata nel rispetto della legislazione vigente e senza porre in essere azioni che comportino l’esercizio di pubblici poteri, riservate agli organi di Polizia ed alla magistratura inquirente, può consistere in:

Investigazione privata:

  1. a) attività di indagine in ambito privato, volta alla ricerca ed alla individuazione di informazioni richieste dal privato cittadino, anche per la tutela di un diritto in sede giudiziaria, che possono riguardare, tra l’altro, gli ambiti familiare, matrimoniale, patrimoniale, ricerca di persone scomparse; attività di indagine in ambito aziendale, richiesta dal titolare d’azienda ovvero dal legale rappresentante o da procuratori speciali a ciò delegati o da enti giuridici pubblici e privati volta a risolvere questioni afferenti la propria attività aziendale, richiesta anche per la tutela di un diritto in sede giudiziaria, che possono riguardare, tra l’altro: azioni illecite da parte del prestatore di lavoro, infedeltà professionale, tutela del patrimonio scientifico e tecnologico, tutela di marchi e brevetti, concorrenza sleale, contraffazione di prodotti;
    b) attività d’indagine in ambito commerciale, richiesta dal titolare dell’esercizio commerciale ovvero dal legale rappresentante o da procuratori speciali a ciò delegati volta all’individuazione ed all’accertamento delle cause che determinano, anche a livello contabile, gli ammanchi e le differenze inventariali nel settore commerciale, anche mediante la raccolta di informazioni reperite direttamente presso i locali del committente;
    c) attività di indagine in ambito assicurativo, richiesta dagli aventi diritto, privati e/o società di assicurazioni, anche per la tutela di un diritto in sede giudiziaria, in materia di: dinamica dei sinistri, responsabilità professionale, risarcimenti sul lavoro, contrasto dei tentativi di frode in danno delle società di assicurazioni; attività d’indagine difensiva, volta all’individuazione di elementi probatori da far valere nell’ambito del processo penale, ai sensi dell’articolo 222 delle norme di coordinamento del codice di procedura penale e dall’articolo 327-bis del medesimo Codice;
    d) attività previste da leggi speciali o decreti ministeriali, caratterizzate dalla presenza stabile di personale dipendente presso i locali del committente. Per lo svolgimento delle suddette attività  i soggetti autorizzati possono, tra l’altro, svolgere, anche a mezzo di propri collaboratori segnalati ai sensi dell’art. 259 del Regolamento TULPS: attività di osservazione statica e dinamica (c.d. pedinamento) anche a mezzo di strumenti elettronici, ripresa video/fotografica, sopralluogo, raccolta di informazioni estratte da documenti di libero accesso anche in pubblici registri, interviste a persone anche a mezzo di conversazioni telefoniche, raccolta di informazioni reperite direttamente presso i locali del committente.

Informazioni commerciali:

  1. a) attività, richiesta da privati o da enti giuridici pubblici e privati, di raccolta, analisi, elaborazione, valutazione e stima di dati economici, finanziari, creditizi, patrimoniali, industriali, produttivi, imprenditoriali e professionali delle imprese individuali, delle società anche di persone, persone giuridiche, enti o associazioni nonché delle persone fisiche, quali, ad esempio, esponenti aziendali, soci, professionisti, lavoratori, parti contrattuali, clienti anche potenziali dei terzi committenti, nel rispetto della vigente normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela della privacy.

I collaboratori dei soggetti autorizzati

Per lo svolgimento delle suddette attività  i soggetti autorizzati possono, anche a mezzo di propri collaboratori segnalati ai sensi dell’articolo 259 del Regolamento T.u.l.p.s., raccogliere informazioni provenienti sia da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque (ad es. visure camerali, visure ipocatastali, bilanci, protesti, atti pregiudizievoli di conservatoria, fallimenti e procedure concorsuali, certificati o estratti anagrafici) o pubblicamente accessibile a chiunque (ad es. elenchi categorici, notizie internet), sia provenienti da fonti private (ad es. lo stesso committente, l’interessato ed altri soggetti privati), acquisite e trattate per finalità di natura economica o commerciale ovvero di valutazione sulla solvibilità, affidabilità o capacità economica dell’interessato e di relativa valutazione, in forma anche di indicatori sintetici, elaborati mediante l’opera intellettuale/professionale dell’uomo od anche attraverso procedure automatizzate ed informatiche. In particolare l’art. 259 sopracitato reca “…chiunque esercita un istituto di ricerche ed investigazioni private è tenuto a comunicare al Prefetto gli elenchi del personale dipendente e a dar notizia, appena si verifichi, di ogni variazione intervenuta…” e tale comunicazione al Prefetto è finalizzata alla valutazione di tali soggetti secondo i consueti parametri di affidabilità previsti dall’art. 11 del T.u.l.p.s..

Disciplina delle attività autorizzate in altro Stato dell’Unione europea

Ai fini dello svolgimento dei servizi transfrontalieri e di quelli temporanei di investigazione privata e di informazioni commerciali, le imprese stabilite in un altro Stato membro dell’Unione europea notificano al Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza le attività che intendono svolgere nel territorio nazionale, specificando le autorizzazioni possedute, la tipologia dei servizi, l’ambito territoriale nel quale i servizi dovranno essere svolti e la durata degli stessi. I relativi servizi hanno inizio decorsi dieci giorni dalla notifica, salvo il caso che entro detto termine intervenga divieto del Ministero dell’interno, motivato per ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

INVESTIGAZIONI PENALI – art.327bis  D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447C.P.P. .

Codice di Procedura Penale.

327-bis. Attività investigativa del difensore.

  1. Fin dal momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI-bis del presente libro.
  2. La facoltà indicata al comma 1 può essere attribuita per l’esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell’esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione.
  3. Le attività previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici (1).

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(1)    Articolo aggiunto dall’art. 7, L. 7 dicembre 2000, n. 397 (Gazz. Uff. 3 gennaio 2001, n. 2).

 

A seguire, da un estratto della mia tesi del master in Security Manager, c’è una spiegazione dell’attività investigativa del difensore. Visto che si parla di ambito penale, è evidente che ci siano dei riferimenti anche alla licenza in ambito civile, almeno nelle procedure operative.

Rif. https://www.slideshare.net/marcotlucidi/investigazioni-private-e-consulenze-tecniche-nelle-indagini-difensive

Per agevolare la lettura, si mettono per esteso alcune abbreviazioni che si troveranno nel testo qui inserito:

c.p.p.                  codice di procedura penale

art.                      articolo

artt.                    articoli

d.m.                    decreto ministeriale

disp.coord.        disposizioni coordinate (transitorie)

T.U.L.P.S.           Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza

  1. legge

disp.att.             disposizioni di attuazione

  1. comma

lett.                     lettera

d.p.r.                  Decreto Presidente della Repubblica

c.p.                      codice penale

P.S.                      Pubblica Sicurezza

Si definisce investigatore colui che compie indagini e ricerche indirizzate a verificare, o ad escludere, determinati fatti che si sospettano avvenuti, ovvero dei quali sia necessario reperire fonti di prova, da presentare anche in sede giudiziale.

L’investigatore pubblico è usualmente un appartenente alle Forze di Polizia e, nella fattispecie, opera per la Polizia Giudiziaria, che risponde al Pubblico Ministero (ex c.p.p.).

L’investigatore privato, autorizzato da specifica licenza prefettizia, svolge indagini su incarico di privati cittadini, aziende e società, enti pubblici, ed anche avvocati, per ricercare elementi di prova da utilizzare nel contesto del processo penale (art. 327 bis c.p.p.) e civile.

Il combinato disposto degli artt. 38 delle norme di attuazione del c.p.p. e del successivo art. 222 ne armonizzava l’esordio sulla scena processuale con il vigente testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, introdusse la figura degli ausiliari del difensore inquirente, quantomeno sino “all’approvazione della nuova disciplina sugli investigatori privati”, avvenuta con d.m. n. 269 del 2010.

Il coacervo dei precetti che profilavano l’agire degli investigatori privati si rinviene, oggi come allora, sparpagliato tra il codice di rito, le sue norme di attuazione, varie leggi di pubblica sicurezza, e nel decreto del Ministero dell’Interno che ne ha regolamentato l’attività.

Definito il contesto normativo circa l’attribuzione della qualifica di investigatore privato autorizzato, tali soggetti potranno ricevere l’incarico di effettuare l’attività di indagine privata a seguito del conferimento di uno specifico mandato. Come anticipato, l’onere dimostrativo del ricevimento del mandato ha finalità meramente pratiche, risultando comunque efficace anche se fornito oralmente.

Il termine autorizzato, è caratterizzato nell’art. 222 disp. coord. c.p.p. secondo il quale “fino  all’approvazione della nuova disciplina sugli investigatori privati, l’autorizzazione a svolgere le attività indicate nell’art. 327-bis c.p.p. è rilasciata dal prefetto agli investigatori che abbiano maturato una specifica esperienza professionale che garantisca il corretto esercizio dell’attività (…)”. Chi ha ottenuto la sola licenza ex art.134 T.U.L.P.S., è autorizzato ad operare solo in ambito civile.

Più in generale, si deve rilevare un netto distacco fra l’opera dell’investigatore privato e la controparte pubblica. Viene infatti garantita una – più che – opportuna riservatezza delle indagini difensive, alla quale vanno ricollegate pure le garanzie risultanti dal divieto di “procedere al sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato” ai sensi dell’art.103 comma 2 c.p.p., nonché di eseguire intercettazioni di conversazioni o comunicazioni tra il difensore e i suoi ausiliari o tra questi e i loro assistiti ex art. 103 comma 5 c.p.p., che la norma codicistica – appositamente interpolata in tal senso dalla l. 7 dicembre 2000, n. 397 – estende anche agli investigatori autorizzati e incaricati in relazione allo specifico procedimento penale.

La ricerca delle prove è, infatti, affidata dalla legge all’iniziativa delle parti (Pubblico Ministero, imputato e parte civile), essendo il sistema processuale di tipo accusatorio (e non più inquisitorio), che sottrae all’iniziativa del giudice il potere di ricerca delle prove.

La figura dell’investigatore privato, come ausiliario del difensore nell’ambito delle investigazioni difensive, era già prevista nel co. 2 dell’art. 38 disp. att. c.p.p., abrogato dalla legge 07.12.2000, n. 397. Tale articolo riguardava le investigazioni difensive ed era contenuto nella versione originaria del codice di procedura penale del 1988. In virtù di tale norma si consentiva al difensore di delegare le indagini a investigatori privati autorizzati, riconoscendone così per la prima volta il fondamentale ruolo nel processo penale. Inoltre, il privato cittadino coinvolto in un procedimento penale può svolgere per proprio conto indagini per reperire fonti di prova da utilizzare nel successivo dibattimento.

Secondo una lettura restrittiva dell’art. 222 comma 4 disp. att. c.p.p., il quale condizionerebbe l’agire dell’investigatore alla comunicazione all’autorità procedente dell’intervenuto incarico, parrebbe doversi escludere l’indagine preventiva dell’investigatore, stante l’impossibilità di provvedere – per le ragioni

più volte esposte – ad un simile adempimento. Tuttavia si tratta di una interpretazione che si rigetta, in quanto il combinato disposto dagli art. 391 nonies 327 bis c.p.p. non impone alcuna limitazione soggettiva, lasciando quindi ritenere che anche l’investigatore privato possa agire in via preventiva, purché munito di apposito mandato.

Infatti, relegare temporalmente la possibilità di godere del supporto dell’investigatore privato al momento in cui si ha contezza del procedimento penale mediante comunicazione dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato ex art. 335 c.p.p., ovvero invio dell’informazione di garanzia ai sensi dell’art. 369

c.p.p., ovvero ancora al ricevimento dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415 bis c.p.p., può tradursi in un’ingiustificata compressione del diritto di difesa.

Da un punto di vista prettamente oggettivo, nel bacino delle attività che possono essere delegate all’investigatore privato vi è l’art. 391 bis comma 1 c.p.p., il quale comprende il colloquio informale con persone a conoscenza dei fatti, nonché l’art. 391 sexies c.p.p. che menziona l’accesso ai luoghi per compiere rilievi e accertamenti, eventualmente da documentare mediante verbale.

Già si è accennato all’impossibilità per l’investigatore, stante un mancato riconoscimento normativo di poteri certificativi derivanti dalla sua opera, di ricevere dichiarazioni scritte o di assumere informazioni da verbalizzare.

Parimenti, si ritiene ragionevole escludere che le sue annotazioni ovvero le fonoregistrazioni possano fare legittimo ingresso nel processo penale quali prove documentali, lasciando, al più, aperta la porta alla sua testimonianza indiretta, stante la sua esclusione dal novero dei soggetti incompatibili con l’ufficio di testimone ex art. 197 comma 1 lett. d c.p.p.

Risolvendo una questione già sottoposta all’attenzione degli interpreti d’oltremare e là tutelata, il Legislatore nazionale, con l’art. 101 del d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115 (Testo unico in materia di spese di giustizia), ha finalmente consentito anche ai soggetti ammessi al gratuito patrocinio di godere del supporto di un investigatore privato, individuabile financo all’esterno del distretto di Corte d’appello presso il quale si svolge il procedimento, fatto salvo, quale unica limitazione, il mancato riconoscimento delle spese e delle indennità previste dalla tariffe professionali.

Infine, poste le facoltà espressamente indicate dalla norma codicistica, si debbono menzionare ulteriori attività da sempre ricomprese nel catalogo che la nozione comune ricollega alle investigazioni quali appostamenti, pedinamenti, sopralluoghi, captazione diretta di comunicazioni o conversazioni attraverso i propri sensi.

Attività oggi definite dall’art. 5 del d.m. 269 del 2010, il quale autorizza espressamente l’investigatore ed i propri collaboratori segnalati ai sensi dell’articolo 259 del Regolamento d’esecuzione t.u.l.p.s., ad esperire “attività di osservazione statica e dinamica (c.d. pedinamento) anche a mezzo di strumenti elettronici, ripresa video/fotografica, sopralluogo, raccolta di informazioni estratte da documenti di libero accesso anche in pubblici registri, interviste a persone anche a mezzo di conversazioni telefoniche, raccolta di informazioni reperite direttamente presso i locali del committente”.

L’art. 222 disp. att. del c.p.p. co. 2, prevede che gli investigatori detengano un apposito registro ove devono essere indicati le generalità e l’indirizzo del difensore committente, la specie degli atti investigativi richiesti e la durata delle indagini determinata al conferimento dell’incarico.

Diversamente a quanto richiesto dall’art. 135 del T.U.L.P.S., per gli incarichi conferiti agli investigatori privati a norma del predetto art. 222 disp. att. c.p.p., non devono essere indicati nel relativo registro l’onorario convenuto, l’esito delle operazioni e l’indicazione dei documenti presentati dal committente e necessari alla sua identificazione.

Per di più, è da presupporre che, differentemente a quanto previsto per il registro degli investigatori privati citati nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, sia possibile che il detective possa opporre il segreto alla richiesta inoltrata da ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza per visionare tale registro, e, conseguentemente, possa rifiutarsi di ottemperare a tale invito.

Tale considerazione deriva dal fatto che, altrimenti, le finalità dell’attività investigativa effettuata dalla difesa perderebbero di consistenza, poiché nel registro, devono essere indicati anche gli atti investigativi richiesti, con il conseguente risultato che una visione anticipata del registro da parte della Polizia Giudiziaria permetterebbe alla stessa di conoscere le fonti di prova acquisite dalla difesa, violando così il principio di parità fra accusa e difesa ed il principio del contraddittorio.

Inoltre, nell’ambito delle indagini investigative difensive, non sono applicate le disposizioni di cui all’art. 139 T.U.L.P.S., che prevede il fatto che gli uffici di vigilanza ed investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera e richiesta dell’autorità di P.S., nonché che i loro agenti sono obbligati ad aderire alle richieste loro rivolte da agenti ed ufficiali di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria. Appare indubitabile che l’investigatore privato, incaricato di ricercare elementi nell’interesse della difesa, non può cooperare, in ordine ai fatti per i quali ha ricevuto l’incarico, con la polizia giudiziaria che, per gli stessi fatti, potrebbe svolgere attività conflittuale e contro la parte per cui la difesa presta la propria assistenza.

A chi esercita l’attività investigativa privata è fatto assoluto divieto di limitare le libertà di qualsiasi cittadino e di violare i diritti costituzionalmente garantiti. Essi possono subire delle limitazioni solo in ipotesi eccezionali previste dalla stessa Costituzione per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Costituiscono un limite concreto all’attività investigativa anche alcune norme del codice penale, quali l’art. 494 c.p. relativo alla sostituzione di persona, l’art. 614 c.p. sulla violazione di domicilio, l’art. 615-bis c.p. sulle interferenze illecite nella vita privata, l’art. 615-ter c.p. circa l’accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, gli artt. 616-623-bis c.p. sui delitti contro l’inviolabilità dei segreti, l’art. 660 c.p. sulla molestia o il disturbo alle persone.

PER CONCLUDERE

Deve essere chiaro che investigare non è giocare a “nascondino” o a “guardie e ladri”. Le investigazioni, sia pubbliche che private, sono un esercizio di professione tecnica, autorizzate dai relativi organi istituzionali, e che prevedono l’esercizio del diritto. Questo vuol dire che, stabilite le competenze tecniche e le autorizzazioni del caso, ci deve essere la richiesta formale di ricerca di prove per potersi difendere nelle opportune sedi.

L’investigatore privato autorizzato è un professionista incaricato. È titolare di una licenza rilasciata dal Prefetto (in ambito civile, previa comunicazione in Prefettura, anche i collaboratori) che gli consente di operare nel rispetto della legge, a tutela di diritto del mandante.

È importante che sia chiaro anche dell’esistenza di autorizzazione specifica per operare in ambito penale.

Come avvenuto per le tematiche dell’ASC (Addetto ai Servizi di Controllo), anche in questo caso bisogna capire come e quando collaborare con la PS (Polizia di Sicurezza) e/o la PG (Polizia Giudiziaria), nel rispetto dei ruoli, ma soprattutto nel rispetto della legge a tutela dei diritti dei cittadini. In alcuni casi, la PG, è un concorrente, con ruolo opposto, con il quale non si può collaborare.

La conoscenza della propria professione, rende qualsiasi lavoro un’arte, e il relativo professionista un artista.